Accogliere l’altro

Mi manca qualche esame per prendere la laurea come educatore sociale e culturale, però dopo il tirocinio curricolare ho avuto la grande “fortuna”, per cui sono felicissima e molto grata, di iniziare a lavorare nell’ambito dell’immigrazione. Una delle competenze che un educatore deve avere è quella di saper creare relazioni con le persone che andrà ad accompagnare. Quindi, ho iniziato subito a mettere in pratica ciò che sono e ciò che mi è stato insegnato e sono entrata in punta di piedi nella vita di una famiglia eritrea. Ho trovato una grande disponibilità e apertura, calore, abbracci affettuosi già dai primi incontri. Ho imparato ancora di più ad ascoltare, osservare senza giudicare per essere in grado di capire determinati comportamenti a volte difficili da comprendere in quanto lontani da ciò a qui sono abituata. È stata e lo è tuttora un’esperienza bellissima, che mi ha arricchita ancora di più. Sapete? Noi siamo davvero fortunati. Sì, fortunati di vivere in un paese come il nostro e non essere nati in un paese come Eritrea, Etiopia, Afghanistan, ecc. Fortunati di non dover vivere nei paesi in cui vengono infranti i diritti umani, paesi in cui le persone non valgono niente per chi dovrebbe prendersene cura di loro. Siamo tutti uguali, ciò che ci differenzia è semplicemente la cultura in cui viviamo. Ognuno considera giusto o sbagliato, normale o anomalo, ciò a cui è o non è abituato a vedere, ciò che ha vissuto o no e diamo tante cose per scontate che tanto scontate non lo sono. Gli spazi attorno a noi, il proprio corpo, ogni cosa cambia in base alla propria cultura d’appartenenza. Accogliere la diversità ci arricchisce anche semplicemente per il fatto che ci fa riflettere, ci apre nuovi orizzonti, modi diversi di guardare. Bisogna imparare ad accogliere l’altro senza giudicare e senza paura di aprirsi. Accogliere vuol dire anche creare relazioni di fiducia e affetto, migliorare, nutrire il proprio cuore…
Il mio sorride in questo momento, è pieno, quindi vi invito ad accogliere. ♡

38 pensieri su “Accogliere l’altro

  1. Vorrei che qualcuno mi spiegasse questo: perché, pur essendo tanto sfortunati da essere nati in certi Paesi, la gente che abita lì continua a sfornare irresponsabilmente figli?

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    • Mi permetto di inserirmi per dire la mia. È un discorso di tradizioni e cultura, i figli rappresentano lo scopo della famiglia e comunque una risorsa lavorativa, così avveniva nella nostra Italia nelle zone di campagna. Se poi ci addentriamo nei discorsi sui dettami delle varie religioni, anche il cattolicesimo è ambiguo quando si entra nel discorso della contraccezione e quindi del controllo delle nascite.

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      • Infatti non apprezzo né la tipica mentalità contadina né il dogma cattolico (sono ateo).
        Progresso non è solo avere in mano l’ultimo smartphone, ma anche comprendere che il futuro dipende dal presente: se non hai quest’ultimo, è dannoso sperare che l’altro arrivi per miracolo.

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    • Proprio perché fanno parte da una cultura diversa. Stiamo parlando di persone che se hanno frequentato la scuola elementare è già tanto, persone che non sanno niente del proprio corpo e addirittura hanno quasi paura di scoprire com’è fatto, persone che vivono in un mondo in cui è normale così, i figli se arrivano sono una benedizione, i figli già da piccoli si prendono cura l’uno dall’altro e fanno lavori da grandi… è tutto diverso, tutto ciò che ti circonda e il benessere ha un significato totalmente diverso.

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      • Eppure hanno tutti il desiderio di “occidentalizzarsi” (anche se non la considero una cosa positiva: il cosiddetto uomo bianco, ovunque ha messo piede, ha portato solo distruzione).
        Forse siamo noi, che già sprechiamo tanto, che dovremmo cominciare ad avere meno.

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  2. Condivido i tuoi pensieri. Questa terra, questo spazio è di tutti, non esiste un popolo eletto, migliore. Noi abbiamo la presunzione di voler esportare il nostro modo di vivere, che mi pare abbia portato allo sfruttamento di risorse non nostre, di popoli e a guerre. Ci attacchiamo alla religione ma non sappiamo dare la nostra mano perché abbiamo paura di perdere i nostri privilegi. Chissà a cosa ci porterà tutto questo.

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  3. Io parlo a neri e bianchi, alle fermate aspettando il bus o dove capita, e alle prostitute, per lo più dell’Est, che stazionano “al lavoro”.
    Ci si incontra e ci si capisce benissimo e per un attimo si condividono i piccoli dispiaceri e le fatiche di vivere del momento. Ciascuno le proprie. Ci si incontra come nei tuoi auspici.
    Però, c’è un però.
    Infatti, nel contempo, c’è da rendersi conto dell’immane problema di cui bene o male siamo tutti vittime. Tu, è giusto che parli come parli, è il tuo ruolo, in un certo senso, quello che hai scelto – ma non puoi che essere una tessera del mosaico. Infatti questa gente non basta accoglierla, occorre anche organizzarla, ambientarla e poi formarla, istruirla, occorrono strutture: ospedali, scuole, case adeguati – ed è qui che c’è il buco. Quando non c’è anzi il malaffare che ne approfitta, che il malaffare a differenza dello Stato, quello sì è pronto e organizzato. E sull’immigrazione, politici compresi, il malaffare ci marcia a tasche piene (e spese nostre).
    Gli Italiani, ahimè, sono individualisti e passionali, vanno per slanci e non compatti, mentre in questo come in ogni caso, occorre organizzazione e previsione. Programmare!!!! Che è una dote nazionale assolutamente disattesa. Da sempre qualsiasi governo ci sia, vive alla giornata!
    Ora, in questo momento, qui mancano abitazioni, la Sanità te la devi pagare, perchè questa è la verità, nemmeno la spazzatura riescono a regolare, treni e mezzi di comunicazione fanno pietà… Ebbene, in queste condizioni, a chi cerca un futuro partendo peraltro da basi e culture a volte molto lontani, che futuro si può dare?
    Giusto dare spazio al cuore, ma tenendo conto della realtà, proprio per evitare di ottenere anzi il contrario del bene che si vuole.

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    • Caro mio Guido questa parte mi piace veramente tanto, è tratta da un libro? 🙂 “Io parlo a neri e bianchi, alle fermate aspettando il bus o dove capita, e alle prostitute, per lo più dell’Est, che stazionano “al lavoro”.
      Ci si incontra e ci si capisce benissimo e per un attimo si condividono i piccoli dispiaceri e le fatiche di vivere del momento. Ciascuno le proprie. Ci si incontra come nei tuoi auspici.”
      Hai completamente ragione,queste persone non basta accoglierle, ma aiutarle a integrarsi, guidarle nei vari servizi e provare a istruirle, aiutarle a essere protagonisti attivi nel loro percorso. Anche se molto limitati ci sono già dei progetti che si occupano di questo e fanno riferimento al concetto di empowerment, però sì, c’è bisogno di politiche e programmi specifici migliori, a livello nazionale e regionale per la sostenibilità dei percorsi di inserimento socio-economico…
      Noi però, nel nostro piccolo, dobbiamo continuare a tenere il cuore aperto. Ti abbraccio.

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  4. È stato bellissimo leggere questo tuo post, da qualche tempo me lo sentivo che saresti andata nella direzione dell’occuparti di immigrazione, chiamalo istinto 🙂 probabilmente ti ricordi di me avevo un altro nick poi cancellai il mio precedente blog ero sciamana rossa, ma qui la finisco di parlare di me, noi nella storia siamo andati a colonizzare e ad imporre usanze rubando risorse in varie terre, la storia è chiara su questo, i popoli europei e non solo questo hanno fatto portando la loro cultura laica e religiosa nei luoghi che intendevamo assoggettare, se oggi le donne partoriscono senza porsi alcuna domanda e senza conoscersi come hai evidenziato anche te, dipende dalle nostre colonizzazioni e religioni che hanno soppiantato le tradizioni animiste dei vari popoli autoctoni, abbiamo grandi responsabilità non noi come entità singole ma come culture, concordo con quel che ha scritto Menti Vagabonde, e sono felice di leggere le tue parole e quanta passione ci hai messo dentro e metti nel lavoro che svolgi, hai la mia stima sincera. Un abbraccio Giorgiana.

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  5. Non posso che essere daccordo con il pensiero di Guido Sperandio. È bellissimo ciò che fai, cara Giorgiana, ma al momento mi sembri tanto una goccia in un mare di squali. Tu lo fai per passione e con il cuore, ma intorno a te nuotano personaggi che fanno di tutto per arricchirsi su queste persone che, come hai giustamente detto tu, è già tanto se una scuola l’hanno vista per qualche anno. Le culture possiamo continuare a rispettare, ma a casa nostra, tra le nostre mura, non obbligando chi ci accoglie ad adeguarsi a noi. Sono stata per tanti anni, straniera in terra straniera, ma non per questo ho mai preteso che gli autoctoni si adeguassero a me, al contrario, sono stata io che ho fatto di tutto per entrare a far parte di quella comunità, e loro mi hanno messo a disposizione la possibilità di farlo perchè ben organizzati in tal senso. In un ceeto senso ne ho approfittato molto anch’io, perchè ho preso il meglio delle due culture, e le ho fatte convivere a casa mia.

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    • Purtroppo hai ragione cara Laura, ma voglio continuare a focalizzarmi su ciò che è positivo e pensare a cosa posso fare nel mio piccolo per migliorare la vita anche di poche persone. Come già sai sono straniera anch’io e la penso come te, chi migra in un altro paese si deve integrare, deve voler integrarsi, cioè accettare le regole, i sistemi, il modo di pensare del paese d’arrivo.
      Nella mia crescita personale, lo dico sempre, il ruolo fondamentale l’hanno avuto poche “semplici” persone… prendo spunto da questo, dall’esperienza personale.
      Un bacio! 😘💐

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  6. Hai scritto parole preziose che testimoniano la tua profonda sensibilità!
    Io ho la fortuna di insegnare da tanti anni e di condividere con i miei “piccoli artisti” la bellezza di vivere assieme.
    Ho una classe meravigliosa: un universo di sorrisi, occhi, cuori e pensieri che profumano di vari paesi.
    Io dico a loro che la vera cultura è condivisione, scambio di conoscenze.
    Un abbraccio forte e tantissimi auguri per il tuo lavoro
    Adriana

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