Words

Parlare una lingua significa adottare una visione del mondo, così come imparare una nuova lingua significa accedere a un’altra visione del mondo, diversa dalla propria.
(Abdelilah-Bauer, 2006)

Certi testi, racconti, mi fanno innamorare. Innamorare delle parole e di tutta la forza e magia che c’è in loro.

Nel caso mio il fatto d’esser cresciuto parlando lingue diverse e d’averne poi imparate delle altre di cui alcune peregrine assai, mi ha reso cosciente fin da piccolo della parola come oggetto, cosa, fastello di suoni, polline di sogni. La parola era un giocattolo, un fuoco d’artifizio, un telescopio con trappole. La parola poteva venir rigirata, rivoltata come un guanto, annodata come uno spago e ne venivano fuori sempre nuvolette nuove, altri sorprendenti gingilli. Quelle d’una lingua scivolavano in quell’altra. Piano piano imparai ad amare le parole col gusto che il musicista ha per i suoni e i timbri, il pittore per i colori e gli impasti, lo scultore per le forme e la pelle della materia; ma in più c’è tutta l’infinita richezza semantica, il mondo sconfinato dei pensieri e dei sentimenti che le parole risvegliano e mettono in moto, che sono capaci d’evocare con precisione terribile o vaghezza dolcissima. La parola infine era un tesoro e una bomba. Ma soprattutto era una caramella, qualcosa da rigirare tra lingua e palato con volontà, a lungo, estraendone fiumi di sapori e delizie.
(Maraini, 2008)

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